Le collezioni del museo
Una raccolta di circa mille opere
Il Museo della Ceramica di Montelupo raccoglie le testimonianze della produzione ceramica del luogo che dal XIII secolo fu uno dei più importanti centri di fabbrica non solo d’Italia, ma dell’intero bacino del Mediterraneo.
Il percorso
Il Museo della Ceramica vanta un percorso museale che si articola su due piani. Comprende una collezione di opere ceramiche che vanno dalla fine del Duecento al Settecento, scelte tra le oltre 5.550 contenute nei magazzini.
I corridoi di entrambi i piani offrono una ricostruzione cronologica della storia dell’arte ceramica e un percorso per non vedenti con mattonelle tattili e didascalie in alfabeto braille.
Le otto sale, invece, trattano otto temi specifici: la mensa medievale e rinascimentale, gli scavi, la bottega, il collezionismo, le esportazioni, la committenza, la farmacia e la sala degli animali e dei fiori, interamente dedicata ai bambini.
Il museo è inoltre dotato di un percorso per i più piccoli con attività interattive adatte a tutte le età. Fanno parte della collezione anche alcune maioliche frutto di donazioni o acquisizioni. Ne è un esempio il celebre Rosso di Montelupo (esposto nella sala dedicata al collezionismo), un bacile datato 1509 già nella collezione Rothschild di Parigi decorato a grottesche su fondo giallo e rosso, che prende il nome dal particolare pigmento rosso usato nella decorazione, la cui composizione è ancora oggi un mistero.
La magnifica dozzina
I pezzi che valgono la visita
Fra le centinaia di maioliche che costituiscono il patrimonio del Museo della Ceramica di Montelupo non è facile indicare i manufatti che, da soli, possono valere la visita.
Non è semplice neanche scegliere i criteri su cui poggiare la selezione tanto che, alla fine, la nostra magnifica dozzina rappresenta una raccolta di pezzi la cui scelta è stata basata oltre che su canoni estetici, anche sulla composizione dei decori, i motivi rappresentati, la simbologia, e, non ultimo, il vissuto di chi ha effettuato la scelta, in cui hanno un peso i ricordi legati al ritrovamento e alle tante ore di lavoro impiegate per ricomporre e restaurare ogni singolo reperto.
La tredicesima maiolica da citare sarebbe naturalmente il capolavoro assoluto prodotto nelle fornaci montelupine, un bacile conosciuto come il Rosso di Montelupo ma essendo ormai la maiolica molto nota, abbiamo preferito indicare pezzi meno conosciuti. Inoltre abbiamo volutamente tralasciato le maioliche che il museo espone nella sala dedicata ai capolavori, in cui il Rosso ha naturalmente un posto di rilievo, e che danno un’immagine precisa della qualità del lavoro dei vasai montelupini.
Boccale con arpia
Maiolica arcaica Pozzo dei lavatoi 1320-40
Il boccale si presenta nella forma classica per questo periodo, con pancia stretta e collo allungato, smaltatura a risparmio, decoro realizzato in verde ramina e bruno di manganese secondo i canoni dell’epoca.
La scelta del vasaio di rappresentare sul boccale un’arpia, un mitico animale per metà donna e per metà uccello, esula dai normali canoni decorativi che prevedevano l’uso di motivi geometrici o vegetali oppure stemmi araldici o pseudoaraldici. L’abilità del vasaio si nota nel fatto che per riuscire a ben proporzionare il disegno riempiendo tutta l’altezza del boccale, ha ripiegato la testa dell’arpia in nodo innaturale, facendola poggiare sulle ali ripiegate.
Piatto a “Nastri” con leone rampante
Da scavo fornace Scatragli 1490-1510
Un bell’esempio di composizione tipica della fine del ‘400, che se pur segue ancora i canoni dell’arcaica e del damaschini, mostra i primi tentativi di affrancarsi da questo stile. La tesa del piatto decorata con un elegante nastro, incornicia un leone rampante (simbolo della forza, della virtù e della prudenza)” che sta sospeso su uno sfondo riempito di tratti celesti e puntini scuri.
Piatto all’Occhio della penna di pavone
Dal pozzo dei lavatoi 1500-10
Una composizione decorativa che è una vera esplosione di colori.
Il decoro detto occhio della penna di pavone, è uno di quelli che si possono ritrovare su maioliche di tutto il centro Italia, ma questa maiolica esalta la maestria dei vasai montelupini e ne mette in luce i caratteri distintivi.
Bacile damaschino monocromo
Da scavo Casa Sinibaldi 1440-60
Un piccolo bacile , decorato secondo i canoni del damaschino, con una figura centrale inserita nello spazio lasciato libero dai motivi geometrici o vegetali che ne riempiono la superficie.
Insolito nella forma, il suo bordo buccellato quasi perpendicolare alla tesa non trova molti riscontri , e per la decorazione, una luna che si sovrappone quasi per intero al cerchio del sole.
Sole e luna sono elementi simbolici molto forti, basti pensare che compaiono, contrapposti, in alcune rappresentazioni della crocifissione.
Nel nostro piatto, la sovrapposizione dei due dischi, con la luna che lascia solo uno spicchio al sole, sembra rappresentare un’eclissi, e se così è , questa diviene forse l’unica rappresentazione di tale avvenimento astronomico sulla maiolica.
Piatto con fascia blu graffito
Dal pozzo dei lavatoi 1510-20
Questo piatto di dimensioni ragguardevoli si fa notare per la composizione del decoro centrale.
Un ritratto maschile a mezzo busto, che raffigura un giovane, con una fluente capigliatura, vestito elegantemente con abiti importanti.
Per rendere la profondità della scena, il ritratto è posto sullo sfondo di un elemento blu, forse una tenda o una parete vista la presenza sulla sinistra di quella che sembra essere una finestra e su tutti e due i lati sono posti due alberi su una superficie bianca. Il pittore ha contornato la figura con un blu ancora più scuro, che stacca il soggetto dallo sfondo, facendolo risaltare maggiormente. Il giovane potrebbe essere uno studente, come sembra indicare il copricapo che ricorda il goliardo cappello a punta indossato dai giovani universitari.
Ciotola Damaschino policromo
Da scavo ex fornace Belluci 1440-60
Questa ciotola dalla forma particolare, presenta infatti il bordo con un battente interno (predisposizione ad accogliere un coperchio) potrebbe appartenere ad una “impagliata” un servizio composto da alcuni pezzi di ceramica sovrapponibili, che veniva usato dalle puerpere per consumare i pasti a letto.
Il decoro è però lontano dai soggetti che solitamente si trovano in questo genere di maioliche, dove solitamente si rappresentano infanti fasciati o il galletto, chiari simboli di fecondità.
Il giovane rappresentato al centro della ciotola, che attraversa un paesaggio campestre, portando nella mano destra un fiore e nell’altra un uccello ad ali spiegate che sembra essere un rapace.si tratta dunque di una scena di caccia col falcone, alla quale si dedicarono con passione tutti i ceti dominanti dell’epoca.
Le vesti del giovane ed il suo copricapo, sembrano però rimandare ad un abbigliamento cittadino, da sfoggiare, più che nelle battute di caccia, passeggiando per le strade di Firenze.
Piatto con fascia bleu graffito
Dal pozzo dei lavatoi 1510-20
Un piccolo manufatto, ma incredibilmente ricco di simboli i cui significati oggi sfuggono ai nostri occhi.
Il falcone è “l’impresa” di Filippo Strozzi, esponente di una famiglia che si è sempre contrapposta al potere de Medici, Il fatto che il falcone si avventi con violenza sul Tronco tagliato, il “broncone” simbolo di Giuliano de’ Medici, ucciso nella congiura dei Pazzi, e che cerchi di strapparne le foglie, i frutti vitali, che rappresentano, in questo caso la discendenza di Giuliano, indica in tuta la sua drammaticità il confronto per il predominio su Firenze fra queste famiglie che terminerà con il “suicidio” in carcere di Filippo Strozzi e con l’ascesa al trono ducale del giovane Cosimo.
Ciotola con nodo orientale
Pozzo dei lavatoi 1515-25
Una ciotola decorata con un motivo geometrico, usando solo il blu su uno smalto particolarmente bianco e lucido.
Un decoro con al centro un intreccio che si dirama in quattro parti e riempie il ricasco della ciotola con altri quattro intrecci nella parte mediana e otto intrecci nella parte più vicina al bordo, realizzati con una simmetria perfetta. I piccoli fiorami usati per riempire gli spazi fra un intreccio e l’altro, si richiamano ai motivi della porcellana che, proveniente dala Cina, si potevano già vedere nelle case dei nobili fiorentini.
Da ammirare il lavoro certosino del ceramista che ha graffiato con una punta finissima ogni singolo filetto blu per ottenere un righino bianco che alleggerisce tuta la composizione.
Piatti figurati
Pozzo dei lavatoi 1500-15
Due frammenti, due parti centrali di due diversi piatti. Due ritratti maschili dipinti da un ceramista che ha usato il chiaro-scuro e le ombreggiature per dare ai volti la tridimensionalità. L’uso del blu cobalto diluito variamente per ottenere tutte le tonalità desiderate, e una ricchezza di particolari che stupisce. E’ ceramica,non un dipinto su tela. Peccato non poter ammirare questi piatti nella loro interezza, ma anche da questi semplici frammenti appare la mano di un grande maestro.
Boccale a “damaschino policromo”
Da pozzo San Biagio 1440-60
Questo boccale che segue i canoni decorativi del damaschino, con le figure poste nello spazio lasciato libero dai fiorami che riempiono la superficie del manufatto quasi totalmente, raffigura la scena di corteggiamento fra due giovani. Gli abiti dei protagonisti, immersi in questo “giardino”, sembrano indicare come i due giovani appartenessero alla borghesia cittadina.
Il maestro vasaio ha usato un solo colore il, blu, per realizzare le due figure, dimostrando, specie nel dipingere gli abiti, una eccezionale padronanza nell’uso del pennello.
Piatto ad ovali e rombi
Pozzo dei Lavatoi 1500-10
È questa una delle produzioni più tipiche delle fornaci montelupine. Il piatto reca sulla tesa una fascia di ovali in cui e inserito un rombo, ed al centro una scacchiera tricolore, in cui file di scacchi verdi e bianchi si alternano con file realizzate in rosso e bianco. Questa tipologia di piatti ha avuto un’enorme diffusione. Frammenti di tali manufatti sono stati ritrovati negli scavi archeologici condotti nell’area del Mediterraneo e sulle coste atlantiche dell’Europa.
Recentemente abbiamo avuto conferma che piatti montelupini ad ovali e rombi sono stati rinvenuti a Cuba e sulle coste della Virginia.
Piatto con decoro alla porcellana
Da scavi area del Castello 1520-30
In questa maiolica si può vedere il definitivo abbandono dei canoni decorativi che avevano contrassegnato la fine del XV secolo, passando da una rappresentazione dei soggetti costretti in spazi limitati e “sospesi” in composizioni floreali poste tutto intorno, ad una rappresentazione finalmente naturalistica.
La lepre in questo piatto poggia le zampe su un terreno erboso, a cui si è cercato di dare anche un effetto prospettico, accentuato dall’alberello posto davanti all’animale, e, incredibilmente, sullo sfondo c’è il cielo.
Una storia lunga otto secoli
Il Museo della Ceramica di Montelupo raccoglie le testimonianze della produzione ceramica del luogo, che dal XIII secolo fu uno dei più importanti centri di fabbrica non solo d’Italia, ma dell’intero bacino del Mediterraneo.
Avviata nel corso del XIII secolo ed incentrata soprattutto sulla lavorazione della maiolica (ceramica smaltata), l’attività locale trova due fondamentali occasioni di sviluppo nella conquista di Pisa (1406), che apre alle merci fiorentine l’accesso al mare, e sul contemporaneo confronto con le ceramiche spagnole – prodotte in particolare nella zona di Montelupo – che impongono a Montelupo una crescita qualitativa della sua attività.
Supportata dalla committenza delle famiglie fiorentine e dai vettori commerciali della famiglia Antinori, la maiolica di Montelupo può così inviare, attraverso barche che discendono il corso dell’Arno per giungere agli scali marittimi di Pisa e Livorno, grandi quantità di maioliche sul mercato internazionale, alimentato dai commerci marittimi. In poco tempo i prodotti montelupinisi diffondono così in tutto il Mediterraneo (Grecia, Nordafrica, Francia, Spagna), percorrendo anche le rotte atlantiche (Inghilterra, Olanda), sino a raggiungere il Nuovo Mondo.
Oltre alla fondamentale raccolta di testimonianze rinascimentali, che mostrano il ruolo delle botteghe montelupine nella costruzione formale e tecnologica della maiolica italiana, il Museo della Ceramica estende senza soluzione di continuità la propria esposizione alla seconda metà del Cinquecento ed al secolo successivo.
In questo contesto si può notare come le tipologie decorative più note di questo antico centro di fabbrica, quali il figurato seicentesco (detto popolarmente “ad arlecchini” o, in epoca ancora più antica “a mostacci”), rappresentino l’ultima fase di spiccata creatività delle botteghe ceramiche valdarnesi, in un tripudio di rappresentazioni tratte dalla vita quotidiana dell’epoca, che hanno affascinato da sempre anche i collezionisti più esigenti, tanto che può dirsi non esistere al mondo raccolta di ceramiche – sia pubbliche od anche private – nella quali sia rappresentata la maiolica italiana, prive di qualche esemplare del genere.